mercoledì 21 maggio 2014

COME FAR MANGIARE UN BAMBINO?

Quando i bambini non mangiano, cosa fare?


Ci confrontiamo spesso con mamme e papà preoccupati per l’inappetenza del proprio bambino. Il più delle volte si rivolgono a noi  dopo averne provate tante,  dal cambiare diverse pietanze durante lo stesso pasto al minacciare, dare punizioni,  imboccare,  lasciar perdere,  provare a spiegare, a parlare, a raccontare. Preoccupati e dispiaciuti per i loro piccoli, ci chiedono cosa  fare, se e’ meglio insistere o  lasciar perdere.
L’ansia che il proprio figlio non si nutra a sufficienza appartiene a tutte la mamme, tanto che la presunta inappetenza è il problema che porta dai pediatri il 50% dei bambini.
Ma spesso ci dimentichiamo che ogni bambino ha un proprio stile alimentare che deve ancora conoscere e sperimentare e che alcune volte viene “condizionato” dalle ansie e da comportamenti “protettivi” da parte degli stessi genitori che si allarmano enormemente se il loro piccolino non mangia quanto secondo loro dovrebbe fare.
Il cibo per ognuno di noi, è stato il primo canale di comunicazione con il mondo esterno e con la figura di attaccamento , tanto che la relazione madre-bambino, per molto tempo ruota esclusivamente intorno a questo momento così delicato.
Il significato che a volte i genitori danno alla inappetenza  del proprio bambino è un fattore importante , spesso determinante, nel comprendere perché un bambino non mangia. Attraverso il cibo, infatti, passano tante emozioni e credenze, che ad esempio hanno a che fare con  pensieri negativi circa la propria capacità di madre/padre di accudire, nutrire e più in generale di prendersi cura del proprio piccolo. Chiediamoci allora quali timori abbiamo rispetto alla inappetenza del nostro bambino, dopo aver escluso naturalmente cause di tipo medico. Spesso riflettere sui nostri timori ci aiuta a  vedere il comportamento di nostro figlio non così problematico, ma come l’ effetto di una particolare dinamica relazionale che creiamo con lui nel momento della pappa, legata ad alcune credenze e pensieri negativi su noi stessi  ormai interiorizzati.
Tante altre volte sono delle cattive abitudini ripetute nel tempo che invece innescano un circolo vizioso e che rendono il momento di andare a tavola un vero e proprio incubo! Le punizioni, le minacce, le preghiere,le strategie ludiche di distrazione messe in atto da genitori disperati ne sono un esempio. E’ poi naturale che il bambino cerchi di sottrarsi ad una esperienza diventata poco piacevole e gratificante, iniziando a rifiutare di mangiare. Questa reazione innesca un circolo vizioso senza interruzione nel quale il cibo diventa il pensiero dominante della giornata e il momento della pappa diventa un momento sgradevole e ansiogeno sia per il bambino sia per la mamma, che  sa di fallire già prima di sedersi a tavola. Ma vi siete mai chiesti quale vantaggio potrebbe ricavarne il bambino nel farvi sudare tutte le sere al momento della pappa? Avete mai pensato che è questo un modo per ricevere attenzioni speciali? Quale bambino rinuncerebbe a tutte queste attenzioni e al “godimento” di tenere in pugno mamma e papà?
MODIFICARE IL CONTESTO
Per uscire da questo circolo vizioso è necessario modificare il contesto, un contesto fatto di comportamenti, emozioni, sentimenti e pensieri. Il cibo non deve essere protagonista tiranno della scena ma piacevole elemento che accompagna esperienze emotivamente gratificanti. Il pranzo e la cena devono trasformarsi in momenti conviviali, di condivisione, di confronto, di scambio tra i membri di una famiglia. Quindi diciamo NO all’abitudine di far mangiare i vostri figli separatamente da voi, ma trasformate il momento della cena in un momento dedicato alla famiglia. All’interno di questo nuovo contesto il cibo assumerà un significato diverso, libero da vissuti negativi e persecutori.
NIENTE TV E GIOCHI A TAVOLA
La convivialità dovrebbe essere un aspetto importante del mangiare, almeno quanto il nutrirsi; quando si mangia i giochi e le distrazioni dovrebbero essere lasciati da parte. Se il bambino ha bisogno di alzarsi occorre evitare di seguirlo con il cibo: il luogo e il momento per mangiare deve essere a tavola.
L’atto di mangiare va restituito alla normalità, senza enfatizzare o drammatizzare il momento del pasto: presto così il bambino riprenderà piacere alla tavola e al clima sereno ristabilito.
Preparare insieme la tavola, le pietanze, inventare delle ricette, usare tutti i sensi per apprezzare gli alimenti, sono tutti modi per rendere più appassionante l’alimentazione.
NO AI RICATTI AFFETTIVI
Mai fare ricatti affettivi
: “Dai, se mangi la mela la mamma è contenta”, “Su, lo sai che la mamma piange se non mangi la minestra”. Oltre ad essere inutili, alimentano il senso di colpa del bambino e rafforzano un’equivalenza distorta tra cibo e affetti.
Evitare anche di distrarre il bambino con giochi e teatrini di ogni genere, perché il piccolo deve essere consapevole del momento del pasto.
Questo può anche essere vero per i primi due giorni, ma se i genitori restano fermi e convinti del proprio comportamento, il bambino si adegua in fretta e mangia assecondando la propria fame.
IL CIBO NON E’ UN PREMIO
Il cibo, poi, non deve essere ne un premio, ne una punizione, altrimenti diventa materia di contratto. Una sana indifferenza al rifiuto di mangiare del bambino (“Va bene, non è una tragedia, mangerai stasera”), praticata non come castigo e con rancore, ma molto serenamente come rispetto della libertà del bambino, è molto più utile.

Dott.ssa Ornella Cavalluzzi (Psicologa, Psicoterapeuta)
Dott.ssa Chiara Degli Esposti (Psicologa, Psicoterapeuta

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